Onorevoli Colleghi! - Secondo i più recenti dati del Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro (CNEL), i professionisti operanti nei settori di attività non regolamentate, cioè i lavoratori - in prevalenza autonomi ma anche dipendenti - che esercitano professioni non tutelate ed inquadrate in albi, ammontano a quasi tre milioni. Si tratta di un mondo lavorativo in piena espansione, vitalissimo, espressione del cambiamento in atto e frutto dell'adeguamento costante alle esigenze mutevoli del mercato e al progresso scientifico e tecnologico, nel quale il numero di occupati, già assai rilevante, è destinato a crescere nei prossimi anni. Una massa imponente di lavoratori che attendono risposte chiare ai loro problemi, primo fra tutti la regolamentazione.
      L'idea di disciplinare il settore ha una storia che merita di essere ricordata per comprendere come oggi lo spirito della presente proposta persegua l'obiettivo di realizzare un sistema di certificazione che, ferma restando la libertà di esercizio della professione, sia in grado di assicurare un più elevato livello di tutela dell'utente-consumatore e, di conseguenza, l'istituzione di un attestato di competenza per le professioni non regolamentate.
      La spinta alla «regolamentazione», e cioè all'emanazione di norme a tutela delle nuove professioni, come è stato fatto nel passato per quelle di più antica tradizione, risponde in primo luogo all'esigenza di tutelare i consumatori da un lato e i professionisti seri e capaci dall'altro. Nello stesso tempo, questo obiettivo deve essere conciliato con il principio della libera iniziativa economica privata e con le regole del mercato. Come noto, l'Autorità garante dalla concorrenza e del mercato

 

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ha affrontato il problema delle professioni nella «Indagine conoscitiva del settore degli ordini e dei collegi professionali», evidenziando come «la regolamentazione adottata nel nostro Paese (...) è particolarmente restrittiva rispetto a quella dei principali Paesi europei» e come tale soluzione rappresenti un freno all'espansione ed un pericolo per i professionisti italiani, destinati a soccombere di fronte alla concorrenza dei loro colleghi europei. Nel medesimo documento, dopo aver indicato i correttivi da adottare in tema di professioni già regolamentate, nell'apposito capitolo dedicato alle professioni non regolamentate si sottolinea come «in nessun caso si giustifica l'adozione di una regolamentazione che limiti sia la libertà di iniziativa economica privata dei soggetti che attualmente operano in piena autonomia, sia la libertà di scelta del consumatore» e come, non essendosi prodotti, nel nostro Paese, sistemi alternativi a quello tradizionale degli albi (ordini e collegi, le cui esclusive l'Antitrust invita a limitare ai soli casi di stretta necessità quali la tutela di un interesse pubblico generale) si profili «l'esigenza di organizzare dei sistemi di certificazione che rappresentino un marchio di qualità per il consumatore». Esigenza che, sempre secondo il Garante, non deve «essere necessariamente soddisfatta attraverso l'istituzione di Albi o Ordini professionali», non ravvisandosi «ragioni di rilevanza pubblica che giustificherebbero l'introduzione di sistemi selettivi e limitativi sulla scorta di quanto avviene per le professioni protette».
      Al riguardo, è opportuno ricordare che attualmente nel nostro Paese le libere professioni sono suddivise in due grandi gruppi: le professioni regolamentate, o «protette», cioè le professioni rientranti nel disposto dell'articolo 2229 del codice civile, per il cui esercizio è necessario, oltre al possesso del titolo di studio, l'ulteriore requisito della iscrizione obbligatoria in appositi albi tenuti da enti pubblici (gli ordini e i collegi) e tutte le altre professioni, dette «professioni non regolamentate», che a loro volta - in seguito al recepimento delle direttive n. 89/48/CEE e 92/51/CEE, rispettivamente con il decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 115, e con il decreto legislativo 2 maggio 1994, n. 319 - si distinguono in due sottogruppi, le professioni per il cui esercizio è necessario il possesso di un titolo di studio o di formazione professionale e le professioni assolutamente libere, per il cui esercizio non occorre alcun titolo.
      I professionisti non regolamentati hanno dato vita a numerose associazioni, alcune delle quali possono vantare una lunga tradizione ed una forte rappresentatività. Ciascuna di queste associazioni - salvo pochissime eccezioni - per lungo tempo ha seguito pervicacemente la strada del riconoscimento da parte dello Stato, tramite il tradizionale metodo della istituzione di nuovi ordini o collegi. Col passare del tempo, tuttavia, si sono fatte promotrici delle nuove istanze indicate dal Garante della concorrenza e del mercato, rinunciando a chiedere la regolamentazione in albi, ed auspicando l'avvio di un sistema di certificazione di qualità, un sistema che, senza limitare la libertà di iniziativa economica privata, offra comunque giuste garanzie ai consumatori, mettendoli in condizione di essere informati e di scegliere fra professionisti preparati e no, fra professionisti che assicurano o meno la continuità del loro impegno e del loro aggiornamento e la serietà deontologica.
      Oggi questa linea di condotta delle associazioni trova conferma e riconoscimento nella volontà politica di liberalizzare settori importanti del mercato: a fronte dei provvedimenti in tal senso emanati dal Governo su istanza del Ministro Bersani mantiene significato l'istituzione del certificato/attestato di qualità che assicuri ai consumatori la possibilità di verificare la professionalità e l'aggiornamento degli operatori cui si affidano.
      Alcune associazioni hanno già iniziato una positiva sperimentazione ed hanno elaborato sistemi degni di attenzione che si basano sui seguenti princìpi:

          1) la definizione di un «certificato di qualità professionale controllata», consistente in un attestato di esercizio abituale della professione, di costante aggiornamento

 

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e di comportamento corretto del professionista nei confronti degli utenti e dei colleghi; tale certificato non rappresenta sotto mentite spoglie un riconoscimento abilitante all'esercizio di dette professioni, ma consiste in un attestato di qualità ai fini di una corretta informazione degli utenti;

          2) il certificato è rilasciato da libere associazioni private, emanazione delle associazioni dei professionisti ma da esse distinte e costituite allo scopo di rilasciare il certificato. Opportuni meccanismi garantiscono l'indipendenza e l'imparzialità, l'assenza di conflitti di interesse, la rappresentatività delle parti interessate (in primo luogo delle associazioni che rappresentano i consumatori e i professionisti). Il sistema si basa sul modello della federazione: più associazioni, rappresentanti diverse professioni, si federano allo scopo di delegare al soggetto giuridico federativo il compito di rilasciare il certificato e di eseguire tutte le relative verifiche sugli iscritti. Viene così assicurata la rappresentatività delle associazioni professionali, che partecipano alla formazione delle regole per la definizione della qualità professionale, ed al contempo è assicurata la serietà della certificazione, perché non sono le associazioni a certificarsi, ma tale potere è lasciato ad un soggetto terzo (la federazione che ha il compito di vigilare sul puntuale adempimento delle regole stesse e di rilasciare infine il certificato). In tale modo è soddisfatto anche l'interesse degli utenti, che è ulteriormente garantito dalla presenza delle associazioni dei consumatori negli organi di verifica e di controllo della federazione;

          3) tale soluzione si situa in un ambito squisitamente privatistico, senza interferenze dello Stato, che è chiamato ad intervenire solo in un secondo tempo, eseguendo controlli non sulle federazioni in quanto tali, ma unicamente sul loro operato e cioè sul rispetto delle regole che esse stesse si sono date a tutela dei consumatori e dei professionisti seri.

      La presente proposta di legge, riproponendo per ampie linee tale modello, si prefigge lo scopo di avviare, anche in questo campo, un rapido adeguamento alla normativa e agli orientamenti europei, di salvaguardare le regole della libera concorrenza e del mercato, di tutelare gli interessi degli utenti, di favorire il libero sviluppo delle professioni ripudiando ogni sistema di riconoscimento che porti alla sclerotizzazione e alla formazione di nicchie di privilegio, ma al contrario perseguendo sistemi che favoriscano l'adeguamento continuo delle professioni alle esigenze imposte dal rapido divenire dei rapporti economico-sociali e del progresso scientifico; infine, di favorire in tale modo la creazione di nuove opportunità occupazionali.
      L'ampio lavoro di analisi e studio del fenomeno delle professioni non regolamentate realizzato dal CNEL già a partire dal 1994, cui è seguita anche la costituzione della Consulta delle associazioni delle professioni non regolamentate, hanno dimostrato la grande rilevanza del fenomeno e le sue potenzialità nel quadro di una costante trasformazione delle forme di organizzazione dei processi produttivi. Fenomeno che necessita di una disciplina che, nel rispetto dei princìpi generali che caratterizzano il percorso di integrazione europea, offra un sistema di garanzie per un corretto esercizio di tali professioni nell'interesse degli utenti e di un mercato sempre più trasparente ed efficiente.

 

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